Espatriare al tempo del fascismo: continuità e differenze

Con il ritrovamento della Relazione del Segretariato d’emigrazione e collocamento di Trento del 1926 facciamo un salto nel passato nella storia dell'emigrazione degli anni Venti, scoprendo come le somiglianze fra oggi e quanto accaduto allora sono maggiori di quanto si creda.

Riassumendo il nostro pensiero sul complesso dell’emigrazione transoceanica, è di ammonire i nostri emigranti a non illudersi che le Americhe siano la cuccagna della nostra emigrazione. In ogni caso chi vuole emigrare, prima di abbandonare il paese, si assicuri a mezzo delle nostre autorità, o a mezzo dei loro parenti o amici già emigrati, di poter trovare sicura e duratura occupazione e soprattutto si guardino dai falsi amici o faciloni che li incitano a emigrare senza la certezza che, ivi giunti trovino occupazione sicura. (Relazione del Segretariato d’emigrazione e collocamento di Trento, Trento, agosto 1926)

Negli archivi del Comune di Riva del Garda si trova la Relazione del Segretariato d’emigrazione e collocamento di Trento – per gli anni 1923, 1924, 1925 fino 30 giugno 1926; da essa emerge un interessante scorcio del fenomeno dell’emigrazione trentina dei primi anni del fascismo, che permette il raffronto diretto con l’oggi.

Il Segretariato d’emigrazione e collocamento di Trento era una costola di quello che restava della Società Umanitaria di Milano, un’ organizzazione di beneficenza di tradizioni socialiste nata nel 1893 che si era occupata di assistenza ai diseredati, oltre che di vari ambiti sociali, come lavoro, emigrazione, edilizia popolare e istruzione. Nel 1924 era stata commissariata dal regime fascista, che aveva fatto chiudere tutte le sedi decentrate e soppresso molte delle sue attività sociali. Nonostante ciò era rinata come ente autonomo svolgendo attività di supporto all’emigrazione, ma fu nuovamente soppressa qualche anno dopo.

La relazione restituisce un quadro complesso del fenomeno migratorio della regione Trentino Alto Adige negli anni Venti legato alla richiesta di manodopera dei Paesi esteri. Se escludiamo le devastazioni causate dalla Prima Guerra Mondiale sul nostro territorio, i motivi che spingevano trentini e altoatesini ad emigrare non sono poi tanto diversi da quelli odierni. In cima alla lista troviamo la ricerca di un lavoro, infatti la maggior parte delle persone che partiva era in cerca di un’occupazione. In questo caso a cambiare è il livello di istruzione degli expat: se oggi si parla di “cervelli in fuga” definendo così i laureati italiani che trovano lavoro all’estero, negli anni Venti erano soprattutto lavoratori trentini non specializzati come minatori, muratori e segantini, cioè falegnami e addetti ai lavori forestali. Sempre secondo quanto emerso dalla relazione, sul totale degli espatri un discreto numero era rappresentato dai ricongiungimenti familiari, in gran parte donne che raggiungevano i propri mariti impegnati in lavoro all’estero.

Il flusso migratorio, complice la grave situazione economica in cui versava la popolazione, era sicuramente molto più consistente rispetto a quello di oggi, infatti nei soli 3 anni e mezzo presi in considerazione dalla relazione, i Trentini che lasciarono il Paese furono quasi 20.000. D'altra parte solo negli Stati Uniti veniva stimato che vi fossero 45.000 persone proveniente dalla provincia di Trento, organizzati come tirolesi in numerose società di mutuo soccorso, sportive, ecc.

Va detto anche che per via delle lungaggini burocratiche e per le varie restrizioni imposte dai paesi esteri, emigrare non era certo facile come oggi. Per meglio comprendere, è utile una circolare, trovata nell’archivio rivano, inviata il 12 marzo 1927 dalla Regia Questura di Trento e indirizzata a tutti i podestà della Provincia.

"Il governo francese, con recente provvedimento, ha stabilito che, d'ora in avanti, ogni operaio straniero che si reca in Francia dovrà essere munito – oltre che del contratto di lavoro – di un certificato medico attestante che egli è vaccinato, che non è affetto da malattia contagiosa o mentale e che possiede l'attitudine fisica necessaria per il lavoro che gli sarà affidato."

Il lavoro del Segretariato d’emigrazione fornisce numeri e mete degli espatriati: verso i paesi transoceanici nel 1923 partirono in 2491; nel 1924 si salì a 2731; nel 1925 vi fu una battuta d’arresto, solo 1167 partenze, probabilmente dovuta all’entrata in vigore, negli Stati Uniti, di norme sull’immigrazione più restrittive; infine fino al maggio 1926 a partire furono in 433. Per quanto riguarda gli emigrati verso i paesi continentali il loro numero rimase costantemente superiore ai 3000 ogni anno: nel 1923 furono 3113, nel 1924 crebbero fino a 5352 e nel 1925 la cifra scese a 3138. Il dato fino al maggio 1926 riporta 969 partenze. La relazione entra poi nel dettaglio sulle mete: come oggi erano più consistenti i flussi verso l’Europa, in particolare Francia e Belgio ma anche Germania, Austria e Cecoslovacchia, mentre per quanto riguarda l’emigrazione oltreoceano la meta principale erano gli Stati Uniti che staccavano di molto Argentina, Brasile, Messico Uruguay e Australia.

Un fenomeno non molto rilevante per i nostri giovani emigrati oggi, ma ancora attuale riguarda chi con false promesse si offriva di far entrare clandestinamente gli emigranti in Paesi stranieri e di trovare loro un’occupazione. Esistevano vere e proprie bande specializzate in questo genere di truffe: la relazione descrive come, una volta adescati, agli ingenui disoccupati venivano estorte ingenti somme, per essere poi abbandonarti a loro stessi in prossimità del confine. Per fortuna, si dice nella Relazione, la diffidenza dei trentini nei confronti degli estranei li aveva tutelati da questi malviventi, perciò i pochi casi erano stati seguiti e denunciati.

Un'altra banda fu scoperta ultimamente nella nostra Provincia, la quale aveva ingaggiato sei giovani concittadini, garantendo loro che gli avrebbe portati agli Stati Uniti verso pagamento di Lire 11.000, rispettivamente Lire 13.000. Condotti invece sino al Messico, furono poi abbandonati a sé stessi, prevedendo il pericolo nel passare il confine tra Messico e Stati Uniti, e nel caso fossero anche riusciti, ad entrarvi, ad un pericolo maggiore di essere deportati una volta che fossero stati scoperti senza regolari documenti. Il nostro Segretariato è riuscito a far rimborsare alla famiglie degli emigrati almeno parte del denaro depositato (Lire 23.000). Denunciato il caso al Regio Delegato d’Emigrazione, quest’ultimo fece conoscere l’azione delittuosa alla competente autorità giudiziaria la quale provvide all’arresto momentaneo dei colpevoli posti poi in libertà provvisoria in attesa del processo, che speriamo si svolgerà quanto prima”.

Sono trascorsi giusto novanta anni dalla pubblicazione della relazione e possiamo affermare che ad oggi, nonostante il contesto storico sia profondamente mutato, il motivo che porta molti trentini e non ad emigrare all'estero sia sempre lo stesso, ovvero la ricerca di condizioni di vita migliori per sé e per le proprie famiglie. Viene naturale chiedersi per quanto tempo ancora verrà ignorato dal dibattito politico e da concrete iniziative legislative questo grave fenomeno, che oggi si ripresenta e coinvolge soprattutto noi giovani e il nostro desiderio di futuro.

Tiziano Grottolo (in Servizio civile con il progetto Archivisti per le future generazioni presso il Comune di Riva del Garda)

Lunedì, 02 Gennaio 2017

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