Le difficoltà dell'essere giovani

Una recente indagine condotta dal Guardian sulla base dei più recenti dati statistici porta ad una più ampia riflessione sulle difficoltà che i giovani devono affrontare in Italia e non solo

Una recente indagine condotta dal Guardian, sulla base dei dati raccolti dal Luxembourg Income Study database (LISD) nelle 8 principali economie occidentali (Italia, Francia, Germania, Canada, USA, Uk, Australia e Spagna) sui redditi dei cittadini dalla metà degli anni '80 fino al 2010, ha delineato una preoccupante realtà per la cosiddetta generazione Y (i nati tra il 1980 e il 1994) e per tutta la società: i giovani non sono mai stati così poveri.

Una combinazione di debiti, disoccupazione, globalizzazione e aumento dei prezzi delle case sta assottigliando i redditi e le possibilità di milioni di giovani in tutto il mondo sviluppato, portando ad un divario generazionale senza precedenti e dalle prospettive future preoccupanti ed incerte.

Se fino a trent'anni fa i giovani in tutte queste nazioni tendevano a guadagnare più della media nazionale, adesso è il contrario, in certi paesi arrivano fino al 20% in meno. I pensionati, per contrasto, hanno visto i loro guadagni crescere considerevolmente.

Drammaticamente in questa classifica l'Italia si piazza all'ultimo posto per guadagno dei propri giovani rispetto alla media nazionale (-19%) mentre chi è in pensione, o è in procinto di andarci, si attesta su un solido +16%.

Si tratta probabilmente della prima volta, esclusi periodi di guerra, in cui le entrate dei giovani sono così basse in confronto al resto della società.

Nonostante i semi di questo problema fossero già presenti nella nostra economia prima della crisi del 2008, è indubbio che quest'evento abbia accelerato il processo di impoverimento, ma non ne è l'unica causa.

 la generazione Y sta forse pagando il prezzo di molti errori del passato tra cui sicuramente il fenomeno delle baby pensioni, quelle pensioni che, non prevedendo l'aumento dell'aspettativa di vita verificatosi, sono state concesse con metodo retributivo a persone sulla soglia dei 50 anni e che adesso pesano considerevolmente nelle economie degli stati occidentali e dell'Italia in particolare.

Ciò porta ad un blocco in uscita e in entrata considerevole nel mondo del lavoro e non facilita la transizione dal mondo dello stage a quello del posto fisso nei tempi e nei modi che erano stati previsti.

Un altro problema è quello del mancato aumento dell'inflazione che, nonostante gli sforzi di Mario Draghi e della BCE, non è riuscito ad attestarsi su quel 2% a cui si mirava con il quantitative easing del 2015, ma in che modo questo danneggia i giovani?

Una bassa inflazione significa che i risparmi, che solitamente sono incamerati dalla parte più anziana della società, mantengono il loro valore, mentre i debiti, che invece vengono contratti molto più probabilmente dai giovani (anche solo per studiare), non si erodono.

L'unica economia analizzata dal LISD e dal Guardian in cui questo schema non si perpetua è l'Australia, non a caso meta di emigrazione stabile o temporanea di molti giovani. L'economia australiana è in continua crescita e i dati dicono che le persone tra i 25-29 anni guadagnano il 27% in più della media nazionale, mentre i pensionati registrano un segno positivo pari al 8%.

Ma in tutta Europa il problema si incentra sul lavoro, o la sua mancanza; “I giovani non dovrebbero essere messi in una posizione per cui sono costretti a scegliere tra lavori sottopagati che non corrispondono alle loro qualifiche, stage non pagati o disoccupazione” ha detto recentemente Mario Draghi, ma con la disoccupazione crescente, un tasso di inflazione vicino allo zero ed il rischio di una stagnazione simile a quella esperita dal Giappone, molto deve essere fatto, a livello politico ed economico, per rispondere alle necessità delle generazioni più giovani.

Venerdì, 08 Aprile 2016

© 2025 Altrove Reporter powered by OpenPA con il supporto di OpenContent Scarl