Precarietà o Flessibilità?
In Italia spesso a precarietà e flessibilità viene dato lo stesso significato negativo, ma le esperienze di alcuni ragazzi all'estero ci insegnano che può essere diverso.
Il Jobs Act proposto dal governo Renzi e approvato dalle camere un anno fa aveva tra i suoi temi principali la lotta al precariato e garantire una maggiore stabilità ai lavoratori, ciò è stato fatto da una parte eliminando alcune tipologie di contratti a tempo determinato come il Job sharing, le collaborazioni a progetto (co.pro.) e le associazioni in partecipazione, dall'altra introducendo un contratto a tutele crescenti che portasse nel tempo il lavoratore ad una maggiore stabilità ed ad un contratto a tempo indeterminato.
Se è vero che le assunzioni con questa modalità sono aumentate e ciò è sicuramente positivo va anche fatto notare come questi risultati dipendano anche dagli incentivi che lo stato garantisce alle aziende che scelgono questa modalità di assunzione e quindi gli effettivi risultati andranno analizzati quando questi incentivi si esauriranno.
Ciò che comunque appare evidente da questa riforma è che in Italia la concezione di sana dimensione lavorativa è quella normalizzata da un contratto a tempo indeterminato che rimane ancora l'aspirazione del lavoratore e la risposta alla crisi economica e del lavoro.
Tuttavia se la lotta al precariato è una giusta battaglia forse la soluzione proposta non lo è altrettanto poiché in essa ancora non si coglie la necessaria differenza tra precarietà e flessibilità (né sono presenti innovazioni o incentivi per valorizzare la seconda).
Negli ultimi anni è forse passato un messaggio sbagliato, di equiparazione di questi due concetti, in cui la precarietà ha inglobato l'idea di flessibilità, rendendo così qualunque forma di contratto o proposta di riforma di contratti a tempo determinato come un incentivo alla precarietà, ma non è così flessibilità e precarietà non sono sinonimi ma concetti contrapposti. La flessibilità è positiva ed è distinta dalla precarietà e le storie di chi è andato all'estero ci possono aiutare a comprendere questa differenza.
A. è un architetto, attualmente lavora nei Paesi Bassi, USA e ad Haiti, al lavoro di progetttazione affianca da anni quello di professore che ha svlto sempre nei Paesi Bassi, a Mumbai ed occasionalmente anche nelle università italiane.
La sua propensione a cambiare ruolo e occupazione così come l'attitudine a lavorare a progetto è evidente e infatti ci ha dato una definizione interessante di flessibilità e di come lui concepisce il suo lavoro un tutt'uno con la sua vita: “La mia idea di flessibilita' e' scardinare l'idea di 'professione' come una mera fornitura di servizi a favore invece di una esperienza piu' olistica di educazione permanente, crescita personale, scambio di idee, incontro con persone sempre nuove ed interessanti”, anche E. condivide con A. l'idea che la propria professione debba essere un estensione dei sui interessi personali e che quando essi cambiano anch'essa possa cambiare.
E. infatti al momento si trova a Friburgo dove è arrivata dopo aver lavorato prima a Maastricht, per il centro di giornalismo europeo, poi ad Amsterdam, in una start-up per l' e-learning delle lingue, dove ha conosciuto il suo compagno con il quale ha deciso di trasferirsi in questa verde città tedesca che nessuno dei due conosceva e dove ha iniziato ad insegnare un metodo di meditazione a metà tra la mindfulness e la meditazione buddhista, interesse questo mutato proprio dai suoi viaggi in India fatti nel corso della sua vita.
Quello che traspare da entrambe le testimonianze è la voglia di cambiare e rimettersi in gioco A. ci dice infatti “Sono permanente precario in quanto non so cosa faro' fra sei mesi, e piu' che preoccuparmi ciò mi entusiasma” e anche E. nella sua video intervista afferma come nelle varie occasioni in cui ha cambiato città mollando tutto e ripartendo da zero si sentiva più felice che spaventata di fronte alle nuove sfide che le si presentavano poiché esse le permettevano di ridifinire chi lei fosse, appare quindi evidente come la ridefinizione della persona e del suo percorso di vita sia più importante del lavoro che va poi ad inserirsi all'interno di esso.
Anche nei confronti del contratto a tempo indeterminato le posizioni di A. e E. sono molto diverse da quelle nostrane.
Sebbene la maggior parte dei suoi contratti fossero senza scadenza E. ci fa notare come le condizioni di licenziamento siano più facili e che la tua produttività (dipendente anche dalla tua motivazione e passione per ciò che fai) è tenuto in alto conto, quindi è più comprensibile e accettabile cambiare o mettere in pausa il proprio lavoro quando subentrano mancanza di motivazioni o noia.
A. ci risponde che per lui “ Il concetto di contratto a tempo indeterminato e' legato alla percezione di benessere. La vera questione e' se sia il contratto a tempo indeterminato a farci stare bene. Io credo di no. Al contrario, credo che il benessere derivi dal confrontarsi continuamente con nuovi stimoli”.
Le opinioni di A e E. sono comunque quelle di due persone che vivono in un mondo del lavoro molto propositivo ed è lo stesso A. a farcelo notare “certamente dove ci sono piu' possibilita' di esprimere la propria professionalita' (Nord Europa e Nord America) e' piu' facile slegare il proprio benessere dall'idea di contratto a tempo determinato. In culture piu' dinamiche si hanno piu' rassicurazioni sul fatto che dopo questo lavoro ce ne sara' un altro” “I diritti di chi lavora sono importantissimi e la solidarieta' dovrebbe staccarsi da sistemi lavoratiivi obsoleti e basati essenzialmente su un'idea di crescita imprescindibile.”
Le storie di A. e E. sono certamente quelle di due persone che hanno investito tanto nella loro formazione superiore e ora ne raccolgono i frutti potendo permettersi uno stile lavorativo più libero e dinamico, tuttavia possono essere un valido esempio di come il mondo del lavoro sia e stia cambiando in accordo con dei tempi sempre più veloci e in cui adattabilità, motivazioni e continuo apprendimento sono centrali nell'esperienza lavorativa.
Giovedì, 10 Dicembre 2015 - Ultima modifica: Lunedì, 05 Dicembre 2022