Vivere all’estero il giorno del proprio compleanno
In un pezzo molto toccante e personale Elena ci racconta i sentimenti che prova nel festeggiare il proprio compleanno all'estero lontano dalla famiglia e dagli affetti, aprendoci così un piccolo, ma significativo, spiraglio sulla condizione di tutti i migranti.
A 700 km da Malcesine, la mia città natale, a 600 da Trento, città dove ho vissuto negli ultimi anni, il giorno del mio compleanno assume una forma ed una profondità diversa.
Ho sempre amato festeggiare il mio compleanno, passarlo con le persone per me importanti e condividere sorrisi, lattine di birra, emozioni, bottiglie di vino, cibo a volontà e ogni tanto qualche lacrima. Ricevere messaggi da qualche parente lontano o da qualche amico sparso per l’Italia per motivi di studio. Ma tutto è sempre sembrato così naturale, e anche se lontana dalla famiglia e dagli amici di infanzia durante il periodo universitario, avevo la certezza che il fine settimana sarei tornata a “casa” ha gustare il classico Tiramisù di mamma Rosa e ad esprimere desideri più o meno importanti, soffiando sulle candeline.
Due anni fa, ho desiderato di arrivare ad un punto nella mia vita in cui sarei stata soddisfatta e appagata appieno dalla mia vita. E ieri, 9 novembre, soffiando sulle candeline del mio 25esimo anno di vita, ho realizzato di essere (quasi) arrivata al punto più appagante della mia ancora giovane vita. Un dottorato appena iniziato, una nuova città, una nuova avventura alla scoperta della grande Germania e una nuova lingua tutta da imparare e pronunciare con il mio pessimo ma amato accento italiano.
Ma a metà giornata, dopo gli “happy birthday” or “alles gute zum geburstag”, dopo la torta condivisa con i colleghi, dopo mille messaggi di amici che ho lasciato un po’ qua e un po’ là, dopo una tenera chiamata skype con i miei genitori e dopo avere spento le mie candeline, il vuoto mi ha assalita.
Il vuoto che c’è tutti i giorni nelle mie giornate di vita all’estero non sento ma che ieri mi ha assalito realizzando che l’amore, l’amicizia e la famiglia sono talmente lontani da me e non saranno raggiungibili questa volta nel fine settimana e non per almeno altri due mesi. E messaggi, lettere, pacchi di regali, non possono essere paragonabili alla presenza fisica, agli abbracci e baci, alle sonore risate e alle canzoncine stonate “Tanti auguri a tee”.
Ma a metà giornata quando trattenere le lacrime diventava impossibile, i miei colleghi hanno bussato alla porta del mio ufficio con una cassa di birra con 25 differenti birre autoctone, e uno scatolone pieno di prelibatezze, dolci tedeschi. L’ufficio piano piano si è riempito di colleghi: volevano farti sentire integrata, amata e desideravano farmi conoscere e insegnarmi le usanze, i costumi e il vivere comune in uno stato estero. E così sì ho pianto, ma pianto di gioia. Il vuoto, la tristezza e la nostalgia d’un tratto se ne sono andate, e sono state rimpiazzate da un calore immenso. Ieri, ho ricevuto il regalo più bello della mia vita.
Sono lontana ma ho anche trovato persone valide e sincere che vogliono entrare nella mia vita e farsi spazio e aiutarmi in questo percorso. E mi sento privilegiata ad essere all’estero ad avere l’opportunità di imparare e incontrare costantemente persone con storie interessanti, con differenti background, che causalmente finisco nello stesso angolo di mondo dove mi trovo e finiscono per entrare pian piano nel mio cuore.
E a 700 km da casa e dai miei amici di una vita, a 600 dagli amici recenti e insostituibili, a 800 dalla città olandese dove ho studiato nell’ultimo anno e ho lasciato l’amore, ieri mi sono sentita amata come poche volte nella mia vita.
Martedì, 19 Gennaio 2016 - Ultima modifica: Lunedì, 16 Maggio 2016