L'ascensore sociale italiano è guasto: l'instabile condizione lavorativa dei giovani italiani secondo i dati del rapporto Crescere in Trentino

Nonostante il Ministro del lavoro Giuliano Poletti tra i 100mila giovani che se ne sono andati dall'Italia dica di conoscere “gente che è bene non avere tra i piedi”, e che “ se è andata via è bene che stia dove è andata, perché sicuramente questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi”, noi di Altrove Reporter non ci faremo abbattere da una sì ammirevole riflessione sul tema e continueremo nella nostra missione di dare voce ad un sovrastante fenomeno che necessita a parer nostro di un approccio quantomeno più accorto e ponderato rispetto a quello del nostro Ministro.

Nonostante il Ministro del lavoro Giuliano Poletti tra i 100mila giovani che se ne sono andati dall'Italia dica di conoscere “gente che è bene non avere tra i piedi”, e che “ se è andata via è bene che stia dove è andata, perché sicuramente questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi”, noi di Altrove Reporter non ci faremo abbattere da una sì ammirevole riflessione sul tema e continueremo nella nostra missione di dare voce ad un sovrastante fenomeno che necessita a parer nostro di un approccio quantomeno più accorto e ponderato rispetto a quello del nostro Ministro.

RIVA DEL GARDA - Il drenaggio di giovani italiani verso l'estero è ormai un dato di fatto, come dimostra il recente Rapporto degli italiani nel mondo 2016. Il motivo principale non è certo velleitario, ma molto concreto: l'assenza di opportunità lavorative che invece i giovani sarebbero degni di avere, non solo come diritto sancito dalla costituzione, ma anche in virtù delle competenze o capacità maturate. Informarsi, anche per un ministro, è senz'altro un primo fondamentale passo per riuscire a comprendere questo vero e gravissimo problema, che ha bisogno di essere prima di tutto conosciuto perché poi chi di dovere sia in grado di generare politiche adeguate.

In nome della concretezza che ci caratterizza, guardiamo i dati e i territori che conosciamo. Il rapporto Crescere in Trentino, curato da Arianna Bazzanella e pubblicato nel dicembre 2016, offre un'ampia panoramica sulla situazione giovanile e sul mercato del lavoro in Trentino e in Italia, proponendo il confronto con i numeri dell’Europa, che garantisce una una fotografia più nitida della situazione.

Gli indicatori più significativi della gravità della situazione, soprattutto nel confronto con altre nazioni e con una decina di anni fa, sono i livelli ancora alti di abbandono scolastico, l’esiguo numero di studenti coinvolti nella formazione universitaria (in Trentino i valori sono ancora confortanti), la quota importante di giovani collocati al di fuori del mondo del lavoro e della formazione ed infine il tasso di disoccupazione giovanile, in aumento fino al 2014 e che ha subito una lieve diminuzione nel 2015 in coincidenza con l’applicazione delle misure del Jobs act, i cui effetti andranno però testati nel futuro.

Un quadro insomma dove rimane poco spazio alle valutazioni personali sulla condizione dell’occupazione giovanile e sulle ragioni delle partenze per l’estero.

Abbandono scolastico:

Prendiamo il Trentino, dunque. L’analisi sui dati dell’istruzione è affrontata nel saggio di Francesco Rubino (capitolo II del rapporto Crescere in Trentino).

Premesso che il 96,7% degli studenti trentini continua il proprio percorso di studi dopo l'assolvimento dell'obbligo d'istruzione (fonte: anagrafe provinciale studenti), il Trentino può vantare percentuali al di sopra della media italiana sia per quanto riguarda il tasso di abbandono scolastico (con 8,51% rispetto al 15,04% italiano), che per numero di immatricolati all'Università sui diplomati. Infatti nel 2012 erano il 57,3%a fronte di un'Italia al ribasso di quasi due punti percentuali.

Questa situazione ‘privilegiata’ risulta però essere la rossa ciliegina su di una torta ormai rancida, se si considera che nel 2004 le matricole trentine costituivano il 79,6% sul campione d'indagine dei diplomati. Sarà la crisi, ma il calo è notevole.

Studenti in educazione terziaria

Innanzitutto preciso che con educazione terziaria si intende la continuazione di quella secondaria (scuola superiore), quindi quella che viene offerta dal sistema universitario.

Se guardiamo all'Europa, nella fascia di età compresa fra i 20 e i 24 anni, nel 2008 il tasso degli iscritti era il 55,8% che però aumenta di poco meno di dieci punti percentuali, raggiungendo nel 2012 un più felice 63,4%.

Meno gloriosa la situazione italiana, che da un'incidenza del 61,5% nel 2008, passa a un 56,8%. (Per chi vuole approfondire abbiamo affrontato ampiamente la questione del calo di immatricolazioni in questo articolo)

Per il Trentino la situazione è inversa rispetto al Belpaese, registrando nel 2012 un solido 64,5% di iscritti ad un percorso universitario e superando (anche se di poco) la media europea.

Neet

Acronimo di Not (engaged) in Education, Employment or Training (in italiano né-né, in spagnolo ni-ni), il termine designa i giovani tra i 15 e i 29 anni che non sono iscritti a scuola né all'università, che non lavorano e che nemmeno seguono corsi di formazione o aggiornamento professionale; l’espressione è nata nel ’99 ma che per ovvi motivi è tornata in voga negli ultimi anni, quando per numero e di conseguenza per rilevanza nella società sono cresciuti considerevolmente.

I giovani tra i 15 e i 24 anni che attualmente (dati 2015, Rapporto Crescere in Trentino) rientrano in questa categoria in Italia sono il 21,4%, la percentuale è però in continua crescita: nel 2008 erano il 16,6%.

Per quanto concerne il Trentino la situazione è meno grave: i Neet sono in crescita dal 2007 ma il 2015 si inverte la tendenza: oggi se ne contano 18.700, 1000 in meno rispetto all'anno precedente. L’incidenza è quella del 14% rispetto al 7,6% nel 2008.

                    (tabella 1)

Tasso di occupazione in Trentino

Il tema del mercato del lavoro viene invece affrontato nel capitolo III del Rapporto sopra citato curato congiuntamente da Corrado Rattin, Isabella Speziali e Stefano Zeppa.

In provincia di Trento la fascia d’età che ha risentito maggiormente del calo occupazionale è quella che va dai 35 ai 54 anni: dal 2007 al 2015 la percentuale degli occupati è infatti diminuita dello 0,8%. Per contro quella costituita da chi si affaccia (o dovrebbe) al mondo del lavoro, ovvero quella che riguarda i giovani dai 25 ai 34 anni, registra un lieve incremento nei tassi di occupazione degli ultimi due anni. Se nel 2014 la fetta di popolazione impegnata in un lavoro era il 72,3%, nel 2015 diventa il 73,5 crescendo di fatto dell’1,2%.

Si rischia però di fornire un dato incompleto se si parla di lavoro in generale, mentre risulta utile la distinzione tra occupazione dipendente e lavoro part-time non volontario.

L'occupazione dipendente è calata visibilmente negli ultimi dieci anni (sebbene abbiamo notato una lieve ripresa nell'ultimo anno), soprattutto per le fasce d'età che vanno dai 25 ai 34 anni: dal 2007 la si vede infatti calare del 1,8%.

Ciò che sale esponenzialmente è il lavoro part-time, in particolar modo quello non volontario, e quindi imposto: se nel 2007 il totale degli occupati tra i 15 e i 34 anni a tempo parziale non volontario nella provincia di Trento era il 32,1%, nel 2014 è diventato il 58% e nel 2015 il 59,2%, segnale preoccupante di una fragilità dei redditi e del potere contrattuale di chi lavora.

Se la panoramica sull'occupazione o istruzione giovanile trentina non lascia l'amaro in bocca, i dati dell'Italia a confronto con il resto del mondo sono ancora da vedere.

      (tabella 2)

     

                (tabella 3)

   

Italia e Europa:

Qui sopra i grafici (tabelle 1,2,3) dello studio World Employment Social Outlook Youth 2016 realizzato dall'International Labour Organization (ILO), secondo cui l'integrazione, la formazione e lo sviluppo delle competenze dei giovani nel mercato del lavoro sono elementi determinanti per il raggiungimento di un contesto socio-economico prospero, equo e sostenibile in tutto il mondo.

La gioventù (definita delle Nazioni Unite con i giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni), si dice nel Rapporto, rappresenta una risorsa importante per la società e si stima che essa costituisca oltre il 18% della popolazione mondiale e più del 15% della forza lavoro mondiale. Si stima inoltre che al 2016 i giovani rappresentino più del 35% della popolazione disoccupata a livello globale, mentre più di un terzo dei giovani nei paesi emergenti e in via di sviluppo vive in condizioni di povertà estrema o moderata, pur avendo un lavoro.

Da queste premesse risulta di conseguenza indispensabile e impellente che la classe politica si prenda carico delle sfide che il mercato del lavoro pone a questi giovani, non solo per il loro benessere ma anche per assicurare una crescita sostenibile e una migliore coesione sociale in tutto il mondo. E per fare questo è necessario che le società restituiscano ai giovani l'ascensore sociale che spetta loro, senza che gli unici piani di arrivo a disposizione siano quello dell’incertezza o quello della precarietà.

Le difficoltà incontrate dai giovani, come richiama ampiamente il Rapporto, sono state generate dalla crisi finanziaria globale del 2007, che ha avuto un impatto sproporzionato su di loro. Ma gli effetti della crisi perdurano ormai da troppo tempo, le condizioni economiche sono state gravemente indebolite e continuano a pesare sulle prospettive dei giovani d'oggi.

La deriva che stiamo raggiungendo, che è forse ormai tardi per chiamarla rischio, è piuttosto una realtà, e prefigura una società con sempre più anziani e con sempre meno giovani, sempre meno formati. E in particolare in Italia, la realtà è il drenaggio dei giovani, soprattutto di quelli formati, verso altri Paesi, risorse cioè che sono ‘donate’ senza ritorno e per inerzia.

Per riprendere una metafora usata da Alessandro Rosina, professore ordinario di Demografia e Statistica sociale, alla presentazione del Rapporto Crescere in Trentino, i giovani rappresentano i semi da coltivare in una società che dovrebbe essere terreno fertile. Ciò che stiamo facendo e che invece dovremmo ben guardarci dal fare, è lasciare che il vento della trasformazione se li porti via.

(Chiara Maistri)

Martedì, 27 Dicembre 2016

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